Afghanistan, una terra senza pace

di Manuela Locci

La situazione afghana è sotto gli occhi di tutto il mondo, un mondo che è rimasto basito dalla velocità con cui i talebani sono riusciti a prendere possesso dei territori, a entrare nella capitale, Kabul, e a instaurare un emirato islamico. Il mondo è attonito. Un po’ meno sorpresi invece gli analisti politici che già da tempo avevano notato un’inversione di tendenze e di atteggiamenti rispetto al passato.

Ripercorrendo gli avvenimenti degli ultimi mesi è innegabile che la situazione afghana sarebbe evoluta nell’arco di un breve periodo. Certo non ci si aspettava che l’intero sistema statale si sciogliesse come neve al sole e che la discesa dei talebani dalle montagne verso la capitale sarebbe sembrata più una passarella che una lotta per la supremazia.

Gli attori internazionali che svolgono un ruolo da protagonisti sono, ovviamente, gli Stati Uniti da un lato, la Russia e la Cina dall’altro e l’Afghanistan in mezzo, mentre l’Unione Europea non è al momento pervenuta.

Già l’amministrazione americana guidata da Trump aveva manifestato la sua intenzione di abbandonare dopo venti anni il territorio afghano, la successiva amministrazione Biden ha messo in atto l’intenzione. Sono cambiate le priorità statunitensi.

Ma perché? Lasciando da parte i discorsi sull’esportazione della democrazia che non hanno mai portato nulla di positivo, lasciando anche da parte le dichiarazioni del genere” non possono più morire americani per l’Afghanistan” si può solo notare che gli obiettivi e le priorità americane sono cambiati. Ora si punta a rafforzare gli Stati Uniti dall’interno per poter meglio affrontare il nemico di sempre, la Russia di Putin, e un nuovo antagonista sullo scenario internazionale: la Cina, che ha negli ultimi decenni accresciuto notevolmente la propria influenza in molte parti del globo. Si è inaugurata una nuova guerra fredda, tutta incentrata su interessi economici e naturalmente geopolitici.

In una sequenza di avvenimenti che hanno avuto origine dalle trattative di Doha, in Qatar a cui hanno partecipato anche i rappresentanti dei talebani, gli Stati Uniti hanno decretato la cessione del paese a questi ultimi. Questa mossa ha completamente delegittimato il governo afghano, che ne è uscito ulteriormente indebolito. C’è da dire che i talebani non sono mai usciti dalla scena politica del paese, hanno continuato a portare avanti azioni di guerriglia; ogni giorno in Afghanistan morivano decine di persone, poliziotti, militari, bambini, donne, ovviamente nel silenzio dei media internazionali.

Veniamo ora alla situazione interna della Repubblica Islamica dell’Afghanistan. Il  presidente, Ashraf Ghani, ha lasciato il paese in tempo utile per non finire nelle mani talebane. In questi venti anni di presenza occidentale il paese non è riuscito ad esprimere un governo forte e stabile, vuoi per le infiltrazioni talebane, vuoi per la connaturata struttura basata sui clan e le tribù; strutture sociali che tanti danni hanno provocato anche in altre aree, vedi la Libia. Fatto sta che il governo è sempre stato debole, e una volta che la stampella occidentale è svanita, non è stato in grado di reggere la situazione ed è crollato repentinamente. Il fatto stesso che l’esercito, che pure è addestrato da militari stranieri, anche italiani, non abbia opposto nessuna resistenza, è emblematico della situazione: non combatte per uno stato che ritiene corrotto e che non lo rappresenta.

I talebani oggi come oggi sembrano i padroni del paese, appena conquistata la capitale hanno chiesto il riconoscimento del loro Emirato Islamico. Questa azione dice molto rispetto alla volontà di portare avanti una politica di lungo corso, che prevede anche il sostegno di nazioni straniere rispetto al proprio operato in patria. Benedizione che forse arriverà da Russia e Cina, che per ora stanno a guardare diplomaticamente la situazione. Una situazione che ha del paradossale: i talebani che per anni hanno seminato il terrore sul territorio hanno stilato una lista di azioni che intendono portare avanti e tra queste anche la difesa dei diritti delle donne. Diritto al lavoro fuori dalle mura domestiche, diritto all’istruzione, alla salute. Quello che molti sembrano ignorare è che tutto ciò è permesso in ottemperanza alle norme islamiche professate, che vedono comunque la donna in una situazione di subordinazione rispetto all’uomo. Molti sembrano ignorare che già molti buoni propositi sono stati disattesi, giungono notizie di donne rapite o morte. Tutto ciò mentre i talebani si propongono come forza non più solo militare ma anche e soprattutto politica.

Le armi non tacciono in Afghanistan, al nord vi sono sacche di resistenza alle forze talebane, resistono ancora le donne e i giovani che non vogliono vivere in un paese dimenticato e abbandonato al proprio destino. Oblio che pare abbia interessato anche i paesi europei, che non sono stati capaci di esprimere altro che dei labili mea culpa e poco altro.

In conclusione la situazione afghana è estremamente critica e se i talebani dovessero disattendere le promesse fatte, vi sarà l’ennesimo bagno di sangue, sangue afghano.

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